Redazionale

La storia dei vaccini, il primo creato dalla scienza

Data pubblicazione: 16/02/2023 - Ultimo aggiornamento: 16/05/2023
Categoria: News - Autore: Margherita Pernich

La storia dei vaccini, il primo creato dalla scienza

I vaccini sono dei preparati biologici che, una volta iniettati, simulano l’incontro con l’agente infettivo come se si fosse venuti a contatto con l’infezione naturale senza però causare la malattia o le sue complicanze.

L’efficacia dei vaccini si basa sulla capacità del nostro sistema immunitario di creare delle cellule della memoria che ricordano quali patogeni estranei hanno attaccato il nostro organismo.

Queste cellule permettono di ottenere una risposta immunologica molto più rapidamente rispetto ad un primo contatto con l’agente infettivo, evitando così che il patogeno possa nuocere all’organismo mentre quest’ultimo produce un’adeguata risposta immunitaria, operazione che potrebbe richiedere anche alcune settimane.

La storia della scoperta dei vaccini ebbe inizio nel 1796 con Edward Jenner, un medico inglese, il quale notò che le mungitrici che contraevano il vaiolo del bestiame, e successivamente guarivano, non si ammalavano di vaiolo umano.

Egli provò quindi a somministrare a un ragazzo, James Phipps, del materiale derivante da una pustola di vaiolo bovino. Dopo sei settimane da quella somministrazione lo contagiò con il virus del vaiolo umano e quello che notò fu che, come aveva preventivato, il giovane non sviluppò l’infezione.

Edward Jenner fu quindi il primo a sperimentare con successo un vaccino e l’idea di utilizzare virus animali per contrastare malattie umane è continuata fino ai giorni nostri.

Fu inoltre proprio lui a coniare questa nuova accezione della parola vaccino per descrivere la sua scoperta; l’etimologia della parola vaccino deriva infatti dall’aggettivo latino vaccinus, ovvero derivato di vacca.

Il suo lavoro ha dato inizio ad un lungo percorso che ha permesso l’eradicazione del vaiolo, ufficialmente annunciata durante la trentatreesima assemblea mondiale della sanità, l'8 maggio 1980.

Le scoperte successive più importanti nel campo delle vaccinazioni, dopo Jenner, furono fatte circa sessanta anni dopo nel 1855 da Louis Pasteur.

Egli notò che i midolli di coniglio infettati con il virus della rabbia non erano più infetti dopo circa 15 giorni di essicazione.

Grazie a questa scoperta, con una serie di inoculazioni con sospensioni di midollo spinale di coniglio essiccato, Pasteur salvò la vita di Joseph Meister, un bambino di nove anni che era stato attaccato da un cane rabbioso.

Pasteur aprì così la strada alla creazione di vaccini contenenti virus resi inattivi attraverso processi chimici o fisici.

Il termine vaccino, inizialmente utilizzato solo per riferirsi a quello del vaiolo, fu esteso da Pasteur a tutti i vaccini per descrivere il suo successo e onorare la scoperta pioneristica di Jenner.

Attraverso la strategia dei virus inattivati nel corso del XX secolo furono creati diversi vaccini, tra cui quello antinfluenzale realizzato da Thomas Francis nei primi anni ‘40, quello antipolio ottenuto da Jonas Salk a meta degli anni ‘50 e quello dell’epatite A sviluppato da Philip Provost e Maurice Hilleman nel 1991.

Il successivo progresso nel mondo dei vaccini fu ad opera di Max Theiler che negli anni ’30 riuscì ad attenuare il virus della febbre gialla, virus umano, facendolo crescere in embrioni di topo e di pollo. In questo modo il virus non era in grado di causare la malattia ma poteva indurre un’immunità protettiva in chi lo riceveva.

Questa sua intuizione ispirò molti altri allo sviluppo di vaccini con virus vivi attenuati; in particolare Albert Sabin, formatosi nello stesso laboratorio di Theiler, nei primi anni ’60 realizzò un nuovo vaccino antipolio utilizzando cellule di scimmia.

Successivamente, sempre con questa tecnica, vennero creati il vaccino per prevenire il morbillo (1963), quello per la parotite (1967), quello per la rosolia (1969), quello per la varicella (1995) e quello per il rotavirus (2008).

Un’ulteriore svolta si ebbe negli anni ’80 quando Richard Mulligan e Paul Berg, due biochimici di Stanford, furono in grado di far produrre a delle cellule di mammifero, attraverso modificazioni del DNA, una proteina batterica.

Questa scoperta applicata nell’ambito dei vaccini permise di sviluppare quello dell’epatite B (1986) e quello del papilloma virus umano (2006).

Grazie a tutte queste scoperte è stato possibile ridurre la mortalità per molte malattie, ad esempio l’impiego del vaccino ideato da Sabin, vaccino antipolio, ha portato all'eradicazione del poliovirus wild type 2 e wild type 3 da cinque delle sei regioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Americhe nel 1994, Regione del Pacifico nel 2000, l’Europa nel 2002, il Sud-Est asiatico nel 2014 e l’Africa nel 2020, mentre la poliomielite è ancora presente nelle zone del Mediterraneo Orientale); il vaccino contro la rosolia ha portato il numero di casi di rosolia nel mondo da 671.000 nel 2000 a 49.000 nel 2019 e così molti altri vaccini.

Ad oggi sono state sviluppate diverse tipologie di vaccino:

  • vaccini vivi attenuati come nel caso di morbillo, rosolia, parotite, varicella, febbre gialla e tubercolosi in cui i microrganismi vengono indeboliti con opportuni trattamenti e procedure di laboratorio;  
  • vaccini inattivati come per l’epatite A o la poliomielite, in cui i virus o i batteri vengono uccisi attraverso l’esposizione a sostanze chimiche o al calore;
  • vaccini creati a partire da antigeni (molecole che possono essere riconosciute dal sistema immunitario) purificati come avviene per la pertosse o il vaccino antimeningococcico in cui, attraverso diverse tecniche di laboratorio, alcune componenti batteriche o virali vengono purificate;
  • vaccini ad anatossine come nel caso del tetano e della difterite in cui le tossine prodotte da questi batteri vengo rese sicure, in grado di attivare le difese immunitarie dell’organismo ma non di provocare la malattia;
  • vaccini proteici ricombinanti, ad esempio il vaccino per l’epatite B e per il meningococco B, in cui, attraverso la tecnologia del DNA ricombinante, il materiale genetico di un microrganismo viene modificato in laboratorio in modo che questo produca l’antigene necessario che verrà poi raccolto e purificato per essere inoculato.

Con la pandemia da COVID-19, infine, è stata introdotta una nuova e avanzata tecnica per la produzione di vaccini: quella dei vaccini a mRNA.

Con questa tecnologia, un segmento di mRNA di un virus si fonde con le cellule umane e avvia temporaneamente la produzione di una particolare proteina (proteina Spike). Questa proteina viene riconosciuta come estranea dal nostro sistema immunitario, stimolando così la produzione di anticorpi.

Data l’importanza che i vaccini ricoprono nel mantenimento della salute pubblica, è fondamentale monitorare il grado di copertura vaccinale della popolazione.

I dati di copertura vaccinale italiani dell’anno 2021 riportano un miglioramento generale delle coperture di gran parte delle vaccinazioni raccomandate nei primi anni di età rispetto ai dati rilevati nell’anno precedente (2020).

Questo dato è molto importante e rispecchia il lavoro svolto dalle Regioni per incrementare le campagne vaccinali dopo un periodo di calo delle coperture dovuto alla pandemia da COVID-19 che ha impattato sulle attività vaccinali di routine.

Raggiungere una soglia di copertura vaccinale del 95% della popolazione è fondamentale per limitare la circolazione dei patogeni nella collettività e ottenere, oltre alla protezione dei singoli individui, anche l’immunità di popolazione.

Fonti


WHO (World Health Organization):

MINISTERO DELLA SALUTE:

NEW ENGLAND MEDICAL JOURNAL:

ISS (Istituto Superiore di Sanità):

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