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Leishmaniosi

Nota da secoli con diversi nomi (una descrizione di sintomi riconducibili appare addirittura in tavolette risalenti al re assiro Assurbanipal, nel VII secolo a.C.), è stata descritta con precisione per la prima volta nel 1756 dal medico e naturalista scozzese Alexander Russel. Presente in quasi 90 Paesi, è una delle principali malattie tropicali neglette (Neglected tropical diseases, o NTD).

CAUSE

La leishmaniosi è una zoonosi (malattia trasmessa da animale a uomo) provocata da più di 20 specie di parassiti del genere Leishmania, protozoi emoflagellati (ovvero dotati di flagello che si spostano nel sangue) asessuati e dixeni (il cui ciclo vitare si svolge all’interno di due ospiti separati.

Il parassita presenta diversi stadi di evoluzione nel corso del suo ciclo vitale. In forma di promastigote, in cui presenta una forma allungata e un flagello, penetra nell’ospite durante il pasto ematico dell’insetto vettore, raggiungendo il circolo sanguigno dove viene attaccato dai macrofagi. All’interno di questi si trasforma nello stadio di amastigote, in cui la forma diventa ovale e il flagello si ritira nella membrana, impedendone la mobilità autonoma. È in questo stadio che avviene la replicazione, che continua fino a causare la lisi (distruzione) della cellula, con conseguente liberazione degli amastigoti nel flusso sanguigno, dove possono infettare nuove cellule.

Rimanendo presente nel sangue è quindi in grado di infettare nuovi insetti durante il pasto ematico, che lo trasporta nell’intestino del vettore dove ritorna allo stadio di promastigote, si moltiplica per scissione binaria emigra verso le ghiandole salivari del vettore per un nuovo ciclo di trasmissione.

TRASMISSIONE

I vettori sono oltre 90 specie di flebotomi, o pappataci, piccoli moscerini simili a zanzare le cui femmine si nutrono di sangue durante la maturazione delle uova e sono quindi a rischio di ricevere e trasmettere il parassita. Si stimano oltre 70 diverse specie animali (tra cui cani e roditori) che fungono da ospiti intermedi del parassita, in grado di infettare i pappataci.

È anche possibile, per quanto rara, la trasmissione diretta della malattia da uomo a uomo a seguito di trasfusioni di sangue o con l’uso di siringhe infette.

DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA

La leishmaniosi è endemica in quasi 90 Paesi in Asia, Nordafrica e Africa tropicale, Europa mediterranea (tra cui Italia, Francia e Spagna) e in America centrale e meridionale, con alcuni casi anche nel sud degli USA. È più frequente nelle zone rurali, dove i pappataci tendono a vivere, ma è possibile trovarla anche ai confini delle regioni urbane e vi è un rischio concreto che i cambiamenti climatici portino a un sensibile allargamento delle regioni endemiche, creando habitat adatti ai pappataci.

SINTOMI

La leishmaniosi presenta tre forme principali in cui si può manifestare:

Leishmaniosi cutanea, la forma più comune, provoca lesioni cutanee come papule e noduli, che possono evolvere in ulcere e croste, solitamente concentrare nelle zone esposte come gambe, braccia e viso. Si può accompagnare a rigonfiamento delle ghiandole in prossimità delle lesioni. Le lesioni possono apparire in numero considerevole (anche oltre 200 singole lesioni) e lasciano cicatrici dopo la guarigione.

Leishmaniosi mucocutanea, che provoca lesioni in grado di portare alla distruzione delle mucose di naso, bocca e gola, e dei tessuti circostanti, portando anche a gravi disfigurazioni. È anche nota come “espundia”.

Leishmaniosi viscerale, o kala azar, è la forma più grave, che si manifesta con periodi di febbre irregolare, malessere, perdita di peso, anemia, leucopenia e trombocitopenia (carenza di globuli rossi, bianchi e piastrine), dolore addominale con ingrossamento di fegato e milza. Se non trattata ha un tasso di mortalità che può arrivare al 100%.

Il 5-10% dei casi di pazienti (generalmente nel subcontinente indiano e in Africa orientale) con leishmaniosi viscerale possono sviluppare una forma cutanea che appare tipicamente tra i 6 mesi e 1 anno dall’apparente guarigione.

Causa di particolare preoccupazione è la coinfezione Leishmania/HIV, in particolare nei casi di leishmaniosi viscerale. Da un lato, il parassita velocizza l’infezione da HIV (e anche da altre malattie come tubercolosi e polmonite), dall’altro il virus HIV aumenta il rischio di contrarre la leishmaniosi dalle 100 alle 1000 volte in più. La coinfezione contribuisce a indebolire il sistema immunitario (sia virus sia parassita bersagliano le stesse cellule), aumentando le probabilità di sviluppare una forma grave, con elevati tassi di mortalità e numerose ricadute.

DIAGNOSI

La diagnosi viene effettuata osservando i sintomi clinici uniti a test di conferma. Nel caso della leishmaniosi viscerale può essere utilizzato in supporto anche un test sierologico per la ricerca di anticorpi, mentre per le forme cutanee e mucocutanee è necessario fare ricorso a esami parassitologici su campioni prelevati dalle lesioni (forma cutanea) o dal midollo osseo (forma viscerale), come l’individuazione degli amastigoti al microscopio o con test a reazione a catena della polimerasi (PCR).

TRATTAMENTO

Sono disponibili diversi farmaci per il trattamento della leishmaniosi, la cui scelta dipende in larga parte dalle caratteristiche del paziente, dalla forma della malattia, dalla regione geografica d’infezione e dalla specie di parassita responsabile, da individuare a seguito di un’attenta analisi del caso.

Per la forma cutanea, che è in grado di guarire spontaneamente, si può ricorrere a terapie di controllo nel caso di lesioni piccole. Se le lesioni sono contenute e semplici, si può fare ricorso a trattamenti topici a base di iniezioni di stibogluconato di sodio o di paromomicina topica, crioterapia o termoterapia.

Nei casi più gravi, o in presenza delle altre forme, si ricorre a trattamenti sistemici con amfotericina liposomiale EV o miltefosina per via orale, oppure anfotericina B desossicolato EV o antimoniali pentavalenti (stibogluconato di sodio, antimoniato di meglumina) EV o IM se la specie infettante è suscettibile a tali trattamenti.

Particolare attenzione va prestata ai casi di coinfezione, in cui l’immunodepressione riduce l’efficacia del trattamento e aumenta il rischio di recidività. Farmaci retrovirali per la gestione dell’AIDS possono assistere a ripristinare il funzionamento del sistema immunitario e favorire la guarigione.

Nel caso della forma viscerale si rendono spesso necessarie terapie di supporto, come trasfusioni di sangue, somministrazione di antibiotici per infezioni secondarie e il controllo dell’alimentazione.

PREVENZIONE

Non sono al momento disponibili vaccini contro la leishmaniosi umana, per cui è fondamentale un’attenta profilassi comportamentale per ridurre il rischio di essere punti dai pappataci. In zone endemiche bisogna prestare attenzione a coprirsi con abiti spessi, applicare repellenti ed evitare di esporsi al rischio al crepuscolo e di notte. È consigliabile trattare abiti ed equipaggiamento (come le zanzariere) con permetrina.

Piani di controllo della popolazione di flebotomi e degli animali serbatoio (in particolare cani e roditori) possono assistere nel ridurre il rischio di infezione, ma la loro efficacia dipende in larga parte dalle caratteristiche specifiche della regione.

Fonti:

ISS, Epicentro

Le informazioni presentate hanno natura generale, sono pubblicate con scopo divulgativo per un pubblico generico e non sostituiscono il rapporto tra paziente e medico.
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