Redazionale

A chi si applica la ISO 31030 e quali aziende rischiano maggiormente?

Data pubblicazione: 17/05/2023
Categoria: News - Autore: Sante De Santis

A chi si applica la ISO 31030 e quali aziende rischiano maggiormente?

A settembre 2021, nel pieno di una fase storica caratterizzata da tensioni geopolitiche, emergenza sanitaria e malcontento sociale diffuso, l’Organizzazione Internazionale per la Normazione, organismo non governativo nato nel 1947 con lo scopo di elaborare norme tecniche, ha pubblicato il nuovo standard ISO 31030 per la gestione dei rischi di viaggio, che rappresenta un punto di riferimento imprescindibile per le organizzazioni che vogliono tutelare adeguatamente la sicurezza del personale da inviare all’estero. La ISO 31030, infatti, fornisce chiare linee guida volte, tra le altre cose, a disciplinare tutte le fasi del viaggio e a individuare, analizzare e mitigare i rischi, compresi quelli sanitari, presenti nei Paesi di destinazione.

Uno degli aspetti più rilevanti della ISO 31030 è che può essere utilizzata da qualsiasi azienda e organizzazione (fanno eccezione quelle turistiche e ricreative). indipendentemente dalla dimensione e dal settore di appartenenza. Sono pertanto comprese anche le Piccole e Medie Imprese (PMI) nonché, per esempio, le Università e le ONG. L’adozione di una attenta politica di Travel Risk Management che si adegui ai principi sanciti dalla ISO 31030 e che, quindi, esoneri il datore di lavoro da rischi di natura penale, civile e reputazionale, è più probabile che venga effettuata dalle imprese multinazionali, le quali disponendo di cospicue risorse finanziarie e di personale adeguatamente preparato, sono più propense ad elaborare procedure dettagliate per la tutela dei lavoratori in trasferta. Tuttavia, anche le multinazionali, al pari di tutte le altre aziende, non sono esenti dal pericolo di sottovalutare le minacce presenti nei Paesi considerati sicuri, dove sempre più spesso emergono diverse criticità, in particolare di natura sanitaria e securitaria.

Nonostante i recenti miglioramenti e la presenza di realtà virtuose, vi è da constatare come le PMI con proiezione internazionale siano generalmente meno inclini ad effettuare una adeguata politica di gestione del rischio di viaggio. E ciò può essere attribuito a:

  • una minore disponibilità finanziaria, che ne limita la capacità di reperire esperti del settore o di investire nella formazione delle risorse interne all’azienda (tale negativa propensione potrebbe accentuarsi nel breve periodo a causa dell’aumento delle spese provocato dall’inflazione);
  • una scarsa consapevolezza rispetto al tema della sicurezza che, dal punto di vista pratico, può sostanziarsi nella sottovalutazione dei nuovi rischi globali o nell’attenzione esclusiva nei confronti di un numero limitato di minacce, su tutte il terrorismo e la sicurezza informatica (quest’ultima, secondo una recente indagine effettuata da Deloitte, è quella che suscita maggiore apprensione ai vertici delle PMI);
  • una maggiore difficoltà nell’instaurare contatti con le autorità del Paese di destinazione e con le società di sicurezza locali.

Inoltre, alcune PMI, quando si tratta di valutare le minacce per il personale viaggiante, sono propense ad analizzare solamente il quadro geopolitico generale, senza considerare i rischi presenti nelle specifiche località (quartieri, città, regioni) in cui opera il lavoratore, oppure tralasciando i principali aspetti culturali e religiosi dei Paesi di destinazione che, se non rispettati, possono provocare conseguenze molto gravi per il trasgressore.

Problematica appare, anche, la posizione delle ONG, le quali per loro stessa natura sono chiamate ad operare in contesti altamente critici.  Nel recente passato, infatti, soprattutto quelle meno strutturate a causa di errori di valutazione delle minacce o addirittura dell’assenza di qualsivoglia politica di prevenzione del rischio, hanno visto alcuni dei loro operatori rimanere coinvolti in episodi violenti come, per esempio, rapimenti a scopo di riscatto (nel primo ventennio del Duemila, gli operatori italiani sequestrati all’estero sono stati ben 19. L’ultimo caso ha riguardato la giovane cooperante Silvia Romano, rapita in Kenya dal gruppo jihadista Al-Shabaab e poi liberata in Somalia a maggio 2020).

Al fine di ovviare alle lacune finora emerse nell’ambito della gestione del rischio di viaggio, tutte le organizzazioni deficitarie, ed in particolare le ONG e le PMI, dovrebbero cercare di sfruttare il più possibile le opportunità offerte dalla ISO 31030 e, sulla spinta di questa, dotarsi di tutti quegli strumenti capaci di garantire elevati livelli di protezione per il personale che si reca all’estero. Tra le priorità principali dovrebbe esservi quella di creare, ove assente, una struttura interna ben organizzata e composta da professionisti del settore, anche avvalendosi della consulenza di autorevoli società esterne. Tuttavia, ciò sarà possibile solamente se vi è una nuova presa di consapevolezza rispetto al tema della sicurezza che, anziché essere visto come un fardello, andrebbe concepito come un investimento di lungo periodo in grado di giovare all’organizzazione, sia in termini economici che reputazionali. Per ciò che concerne le aziende più virtuose, che coincidono quasi sempre con le grandi imprese, non si può infine non affermare come anch’esse siano chiamate a seguire in modo pedissequo le linee guida della ISO 31030, poiché in un mondo fluido e complesso come quello attuale, la sicurezza non può conoscere limiti di sorta o punti di arrivo definitivi.

Fonti:

Deloitte

Fondazione De Gasperi, intervista a Umberto Saccone

HRnews

Securindex, intervista a Roger Warwick

Magazine Qualità

Strategica Group

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