Redazionale

Gli studi genetici sul Covid-19: cosa abbiamo scoperto?

Data pubblicazione: 05/01/2022 - Ultimo aggiornamento: 28/05/2022
Categoria: News - Autore: Dott.ssa Chiara Dall'Asta

Gli studi genetici sul Covid-19: cosa abbiamo scoperto?

È stato dimostrato che esistono differenze importanti nell’insorgenza, nelle manifestazioni cliniche, nelle risposte ai trattamenti e negli esiti di malattie comuni a uomini e donne.

Il Covid-19 non sembra fare eccezione a tal merito.

Per spiegare questo fenomeno sono state avanzate alcune ipotesi generali tra cui:

  • una maggiore tendenza degli uomini al tabagismo, un fattore di rischio per contrarre l’infezione e per sviluppare un quadro clinico più grave della malattia;
  • una più spiccata abitudine delle donne a dedicare uno spazio significativo della propria quotidianità all’igiene personale;
  • una risposta immunitaria, sia innata che adattativa, più pronta ed efficace nelle donne che negli uomini;

Oltre alle ipotesi generali, è possibile spiegare anche come queste differenze ormonali agiscano su meccanismi già noti per essere correlati allo sviluppo del Covid-19: il virus Sars-CoV-2 penetra nelle nostre cellule legandosi a un recettore chiamato ACE2 (Angiotensin Converting Enzyme 2, Enzima di Conversione dell'Angiotensina), enzima che protegge il polmone dai danni causati da infezioni, infiammazioni e stress. Quando il virus si lega ad ACE2 ed entra nella cellula, fa diminuire la sua espressione e lo sottrae così allo svolgimento della sua funzione protettiva.

Gli estrogeni donano una protezione maggiore alle donne in età fertile, poiché sono in grado di aumentare la presenza del recettore ACE2 facendo sì che questo enzima, anche dopo l'infezione, riesca a svolgere la sua funzione protettiva, in particolare nei confronti dei polmoni. Viceversa, gli ormoni androgeni sembra che svolgano un ruolo opposto, favorendo le fasi successive dell’infezione delle cellule polmonari.

Il legame tra Covid-19 e ACE2 è stato ipotizzato fin dai primi tempi della pandemia ma, trascorsi ormai quasi due anni dalle prime segnalazioni di Wuhan, in Letteratura troviamo diversi studi che hanno analizzato vari aspetti legati alla genetica della suscettibilità all’infezione, dello sviluppo di forme più gravi, della risposta alla terapia.

Nel 2020 due diversi studi avevano rilevato una possibile associazione tra il gruppo sanguigno e lo sviluppo di forme più gravi di Covid-19: il gruppo 0 sembrava essere protettivo mentre il gruppo A era associato ad un maggior rischio di malattia grave. Questi due studi, tuttavia, non sono stati confermati da un terzo lavoro condotto su una popolazione assai più numerosa nel 2021.

Recentemente, è stata dimostrata l’importanza del ruolo di due differenti geni nello sviluppo di forme molto gravi di Covid-19. Il primo codifica per IFNAR2, un recettore per l’interferone 2 correlato all’immunità virale innata; gli interferoni mediano, in generale, la risposta dell’ospite alle infezioni e una aumentata espressione di questo recettore è correlata a una minore probabilità di sviluppare malattia grave. Tuttavia, è già stato dimostrato che la terapia con interferone non è efficace nei pazienti Covid-19 ricoverati in condizioni critiche, a suggerire che il ruolo dell’interferone sia precoce.

Al contrario, il secondo gene identificato come protettivo -TYK2, un mediatore dell’infiammazione e del danno polmonare- è stato identificato anche come target farmacologico di baricitinib, una terapia che sembra essere promettente.

Molto interessanti sono i dati sulla remissione dei sintomi, rilevati da un sotto studio del trial clinico COLCORONA (lo studio che ha dimostrato che nei pazienti non ospedalizzati la terapia con colchicina non presenta benefici rispetto al placebo): la regione 13.3 sita sul braccio corto del cromosoma 5 (5p13.3) e la regione 33.1 sita sul braccio lungo del cromosoma 9 sembrano essere associate ad una maggiore velocità della remissione dei sintomi. Al di là del capire le strade fisiopatologiche che rendono questi due loci importanti, è invece utile sapere che il potere protettivo offerto dal gene PAPPA (che si trova in 9q31.1) è annullato dalla contestuale terapia con colchicina.

Queste ultime affermazioni sono importanti per sottolineare che non esiste una terapia valida per tutti, che il metodo scientifico necessita che i dati siano riproducibili e confermati e che bisogna sempre scegliere fonti di informazione verificabili.

Fonti:

  • https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-differenze-genere-possibili-meccanismi
  • Dubè et al; Nature 2021, 11: 10847
  • Hadi-Alijanvand H et al; J Proteome Res 2020, 19: 4609
  • Lehrer S et al; Blood, Cells, Molecules and Disease 2021, 89: 102571
  • Pairo-CAstineira E et al; Nature 2021, 591: 92
  • Tardif JC et al; The Lancet Med Resp 2021,9: 924
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