Redazionale

Il supporto alla neurodiversità sul luogo di lavoro

Data pubblicazione: 13/04/2023
Categoria: News - Autore: Maria Vittoria Manai

 Il supporto alla neurodiversità sul luogo di lavoro

In psicologia, il termine di neurodiversità è relativo ad una varietà di condizioni, tra cui disturbi dello spettro autistico, disturbo da deficit di attenzione e iperattività (DDAI, in inglese ADHD), dislessia, disprassia, discalculia, altre disabilità intellettive e dello sviluppo, e una vasta gamma di condizioni che possono modellare il pensiero, l'apprendimento e la percezione del mondo. Judy Singer, coniando il termine neurodiversità, ha divulgato il concetto che alcuni disturbi dello sviluppo possono rappresentare una variazione del "normale" e ciò si contrappone alla neurotipicità.

Questo genere di contrapposizione deriva anche dal fatto che nel mondo psichiatrico vi sono molti tentativi di classificazione dei disturbi mentali, ma quando si tratta di condizioni come l’Autismo, il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, la Dislessia e i Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA), non vi è certezza su quale sia la soglia critica che definisca nettamente un comportamento con una base neurologica, come una normale variazione umana o come segno di patologia. Neurodiversità, infatti, non è la stessa cosa della disabilità. Tuttavia, per gli attuali scopi legali, i due sono effettivamente intercambiabili e tali identificazioni fuse possono comportare all'autostigmatizzazione pubblica. Una diagnosi di neurodiversità porta, di solito, alla categorizzazione delle capacità; invece, la legislazione dovrebbe essere modificata per far accettare alla comunità la neurodiversità. Gli individui con queste diagnosi sono spesso discriminati, mentre i problemi effettivi sul lavoro potrebbero essere dovuti a persone all'interno della gerarchia che hanno atteggiamenti verso il lavoro/studio che sono paternalistici, presumibilmente conformi alle politiche esistenti.

La neurodiversità, invece, presenta punti di forza. Ad esempio, si è visto come persone con diagnosi di disturbo dello spettro autistico abbiano più dimestichezza con i sistemi informatici, come i linguaggi di programmazione e i sistemi matematici e individuino piccoli dettagli in modelli complessi. Infatti il rapido cambiamento tecnologico, che ha visto principalmente l'aumento della potenza di calcolo, dell’incremento di dati digitali e il miglioramento degli algoritmi, ha condotto ad evoluzioni nelle pratiche di occupazione sul posto di lavoro. Non vi può essere, dunque, la disconnessione tra progresso tecnologico e progresso sociale e si devono creare nuovi modelli e narrazioni per una prosperità inclusiva. Si è calcolato, infatti, che fino al 15-20% della popolazione statunitense sia neurodivergente. Una ricerca dell'Office for National Statistics del 2021 ha rilevato che solo il 22% degli adulti autistici risulta impiegato. Le domande e i processi di lavoro dovrebbero essere adeguati a queste tipologie di lavoratori e i reclutatori dovrebbero, e potrebbero, aiutare per raggiungere questo obiettivo. Le politiche sul posto di lavoro dovrebbero includere anche la presenza di un punto di contatto empatico e normalizzare questa condizione per avere così un impatto sulle prestazioni lavorative e sulla salute fisica / mentale degli individui con neurodiversità. Lo stigma sociale intorno alla neurodiversità e le sue conseguenze, creano spesso apprensione sia nei dipendenti che nei datori di lavoro. I professionisti della medicina del lavoro sanno raccomandare aggiustamenti che sono inclusi sia nelle capacità del datore di lavoro che nel dipendente/studente.

La neurodiversità, essendo complessa, va gestita dai medici del lavoro ma spesso, invece, i datori di lavoro tendono a non istituire gli aggiustamenti raccomandati. Sarebbe invece utile impostare una discussione da parte delle Risorse Umane con i dipendenti/Sindacati sui vantaggi di adeguamenti pertinenti. Le pratiche di lavoro flessibili, come il lavoro da casa, sono già state incrementate dalla pandemia di COVID-19. Gli aggiustamenti degli ambienti di lavoro per le persone con neurodiversità non possono essere standardizzati ugualmente per tutti, ma devono essere realizzati in base ai sintomi individuali e al loro contesto lavorativo. L'attenzione di solito tende ad essere rivolta alle menomazioni, invece che agli aspetti positivi. Le persone con neurodiversità, con alcuni tipi di valutazioni attualmente disponibili, potrebbero ancora facilmente fallire, invece di considerare questa condizione come una variante normale. La neurodiversità sul lavoro, infatti, può attingere alle competenze e ai talenti dei lavoratori neurodivergenti e queste abilità e talenti possono inglobare:

1. Innovazione e creatività;

2. Elevati livelli di concentrazione;

3. Perseveranza e affidabiltà;

4. Nuove modalità di risoluzione dei problemi;

5. Alta precisione e capacità di rilevare gli errori;

6. Capacità di primeggiare in un lavoro di routine o ripetitivo.

Dunque, l’assunzione di lavoratori con neurodiversità può creare nelle organizzazioni un vantaggio competitivo, sia dal punto di vista dei benefici finanziari che culturali misurabili.

I datori di lavoro stanno riconoscendo sempre di più questi vantaggi e hanno creato programmi di assunzione incentrati sul reclutamento di questi lavoratori. Molte aziende che operano in ambito tecnologico assumono persone autistiche per mansioni lavorative che richiedono abilità di organizzazione e di sequenziamento, come ad esempio la scrittura di manuali informatici, la gestione di database e la ricerca di eventuali errori nei codici informatici. Altri studi hanno rilevato notevoli abilità visuo-spaziali che possono possedere i dislessici, tra cui la capacità di individuare oggetti nascosti e di percepire informazioni visive in modo più rapido ed efficiente. Esistono, non a caso, datori di lavoro (come nella realtà aziendale di Google) che cercano anche persone con profili di neurodiversità allo scopo di fornire creatività e innovazione, creando così team più forte. Queste attitudini possono rivelarsi molto proficue in lavori che richiedono il pensiero tridimensionale, come l’astrofisica, la biologia molecolare, la genetica e l’ingegneria. Un posto di lavoro che supporta la neurodiversità e tutte le tipologie di modi di pensare, apprendere, interagire e percepire il mondo, sposta l’attenzione sui modi atipici di imparare, pensare ed elaborare le informazioni che caratterizzano queste condizioni invece che concentrarsi sulle solite definizioni che si focalizzano esclusivamente su deficit, disturbi e menomazioni. Sul posto di lavoro la presenza di nuove intuizioni su ciò che è possibile per un dato individuo in quel ruolo, e la possibilità di realizzarlo, dovrebbe essere l'obiettivo da perseguire piuttosto che trincerarsi opportunamente dietro politiche del lavoro inadeguate. Le comunità devono vedere che la diversità fa parte del futuro e gli stessi datori di lavoro non dovrebbero etichettare le persone con neurodiversità come disabili ma imparare ad usare i loro punti di forza. L'"uniformità" tradizionalmente richiesta per soddisfare i requisiti percepiti non dovrebbe essere più conforme con il "tipico" o il "normale". L'approccio deve adeguarsi alle esigenze contemporanee e man mano che si acquisisce una maggiore conoscenza della materia, piuttosto che basarsi sul concetto di neurodiversità del passato. Le differenze nelle funzioni cerebrali dovrebbero essere valutate come variazioni del normale. Allo stesso modo, gli stessi legislatori dovrebbero inizialmente avvicinarsi alle neurodiversità con un approccio comprensivo per consentire una discussione educata da cui possono emergere progressi e una nuova definizione di "normalità", anche attraverso la valutazione della produttività dopo l'adattamento della persona neurodiversa.

Fonti:

https://www.stateofmind.it/2017/07/neurodiversita-vantaggi/

https://askearn.org/page/neurodiversity-in-the-workplace

Blandina Blackburn, Managing neurodiversity in workplaces, Occupational Medicine, Volume 73, Issue 2, March 2023, Pages 57–58.

Baron-Cohen, S., Ashwin, E., Ashwin, C., Tavassoli, T., & Chakrabarti, B. (2009). Talent in autism: hyper-systemizing, hyper-attention to detail and sensory hypersensitivity. Philosophical Transactions of the Royal Society of London Series B: Biological Sciences, 364 (1522), 1377-1383.

https://www.wsj.com/articles/SB10001424052702304418404579465561364868556

Paul, A.M. (2012, 4 Febbraio). The upside of dyslexia. New York Times. Ricavato il 3 Giugno 2016

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