Redazionale

Schistosomiasi: un ospite sgradito da non prendere in viaggio

Data pubblicazione: 15/06/2023 - Ultimo aggiornamento: 24/08/2023
Categoria: News - Autore: Staff Ambimed - Edoardo Zanini

Schistosomiasi: un ospite sgradito da non prendere in viaggio

In estate è difficile resistere a un bagno refrigerante in un fiume o in un lago, specie se ci si trova sotto il cocente sole dei tropici.

Ma non tutti sanno che la vacanza potrebbe essere rovinata da vermi che penetrano dalla cute umana e infestano il sistema circolatorio venoso dell’ospite, in questo caso l’uomo. Raccontata in questo modo probabilmente farebbe passare la voglia a qualsiasi turista di immergersi in acque dolci, ma la schistosomiasi è una malattia poco conosciuta ed è bene informare il viaggiatore in merito ai possibili rischi.

Per quanto possa far rabbrividire le persone, la schistosomiasi è una malattia affascinante, a partire dal nome. La parola è composta dal prefisso skhistós ‘scindibile’ e sôma ‘corpo’: quindi corpo che si divide, proprio come il parassita che infesta e si riproduce all’interno dell’ospite umano.

Essa è causata da dei veri e propri vermi definiti platelminti appartenenti al genere Schistosoma che hanno una lunghezza compresa tra 7 e 20mm e una vita che può raggiungere addirittura i 7 anni. Fa parte della categoria delle malattie tropicali neglette, ovvero patologie comuni nelle popolazioni a basso reddito, ma poco conosciute nel mondo occidentale.

La schistosomiasi è diffusa nelle aree tropicali e subtropicali, soprattutto nelle comunità povere con accesso limitato ad acqua potabile sicura e a servizi igienico-sanitari adeguati. Si stima che al mondo vi siano più di 200 milioni di persone affette (di queste il 10% è gravemente sintomatico) e che almeno il 90% di coloro che necessitano di trattamento vivano in Africa.

Esistono due forme principali di schistosomiasi nell’uomo: intestinale e urogenitale, causate principalmente dalle specie:

  • Schistosoma haematobium: in Africa, Medio Oriente, Corsica (Francia)
  • Schistosoma guineensis e S. intercalatum: in aree della foresta pluviale dell'Africa centrale

L’uomo contrae la patologia tramite il contatto diretto con acque dolci contenenti le larve. Infatti, il ciclo vitale dello schistosoma prevede che le uova vengano eliminate dall’ospite infetto tramite urine e feci. Le uova, successivamente, rilasceranno il miracidio, ovvero il secondo stadio vitale, che penetrerà nell’ospite intermedio, le chiocciole d’acqua dolce.  Dopo cicli di duplicazione asessuata, dalle lumache vengono rilasciate migliaia di cercarie dalla coda forcuta che nuotano liberamente. Le cercarie penetrano nella pelle umana in pochi minuti dopo l'esposizione. Quando penetrano nella pelle, perdono la coda biforcuta e si trasformano in schistosomuli, che viaggiano attraverso il flusso sanguigno fino al fegato, dove maturano in vermi adulti sessuati. Questi migrano per la loro ultima destinazione nel sistema mesenterico portale o nel plesso venoso del tratto genitourinario.

La schistosomiasi intestinale può causare dolore addominale, diarrea e presenza di sangue nelle feci. L'ingrandimento del fegato è comune nei casi avanzati ed è spesso associato all'accumulo di liquido nella cavità peritoneale e all'ipertensione dei vasi sanguigni addominali. In tali casi può anche verificarsi un ingrossamento della milza.

Il segno classico della schistosomiasi urogenitale è l'ematuria (presenza di sangue nelle urine). Nei casi avanzati, si possono diagnosticare danni renali e fibrosi della vescica e dell'uretere. Il cancro alla vescica è un'altra possibile complicazione nelle fasi avanzate. Nelle donne, la schistosomiasi urogenitale può manifestarsi con lesioni genitali, sanguinamento vaginale, dolore durante i rapporti sessuali e noduli sulla vulva.

Nei bambini, la schistosomiasi può causare anemia, ritardo della crescita e una ridotta capacità di apprendimento, sebbene gli effetti siano di solito reversibili con il trattamento. Il numero dei decessi causati dalla schistosomiasi è difficile da valutare, ma si stima che ogni anno al mondo siano oltre 11.000.

Spesso l’infezione può essere asintomatica, soprattutto nelle prime fasi. Di conseguenza è opportuno fare un esame di controllo al rientro dal viaggio, un semplice esame del sangue (a 4-8 settimane dal ritorno) con indagini parassitologiche mirate che servirà a verificare che non vi sia la presenza dello schistosoma.

La terapia consiste nell’assunzione orale di praziquantel, per una sola giornata.

Con l'aumento dell'eco-turismo e dei viaggi verso aree remote, un numero sempre maggiore di turisti contrae la schistosomiasi.

Il metodo migliore per prevenirla è evitare di fare bagni e stare lontani da bacini di acqua dolce, come laghi, stagni e torrenti che potrebbero essere potenzialmente contaminati. Se si soffre molto il caldo, programmare tappe al mare piuttosto che nell’entroterra

La European Network for Tropical Medicine and Travel Health ha condotto uno studio di sorveglianza sentinella sulle diagnosi di schistosomiasi in Europa tra il 1997 e il 2010. Lo studio riassume i dati epidemiologici e clinici relativi a 1.465 casi di schistosomiasi. Di questi, 486 (33%) casi sono stati identificati tra i viaggiatori europei, 231 (16%) tra gli espatriati a lungo termine e 748 (51%) tra le persone immigrate non europee. Nel complesso, solo il 18,6% dei viaggiatori aveva ricevuto consigli pre-viaggio e il 57,5% dei pazienti presentava sintomi.


 

Fonti:

MSD Manuals

World Health Organization

Lingscheid T, Kurth F, Clerinx J, Marocco S, Trevino B, Schunk M, Muñoz J, Gjørup IE, Jelinek T, Develoux M, Fry G, Jänisch T, Schmid ML, Bouchaud O, Puente S, Zammarchi L, Mørch K, Björkman A, Siikamäki H, Neumayr A, Nielsen H, Hellgren U, Paul M, Calleri G, Kosina P, Myrvang B, Ramos JM, Just-Nübling G, Beltrame A, Saraiva da Cunha J, Kern P, Rochat L, Stich A, Pongratz P, Grobusch MP, Suttorp N, Witzenrath M, Hatz C, Zoller T; TropNet Schistosomiasis Investigator Group. Schistosomiasis in European Travelers and Migrants: Analysis of 14 Years TropNet Surveillance Data. Am J Trop Med Hyg. 2017 Aug;97(2):567-574. doi: 10.4269/ajtmh.17-0034. Epub 2017 Jul 19. PMID: 28722637; PMCID: PMC5544096.

 

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