Redazionale

Il ritorno economico della prevenzione medica

Data pubblicazione: 06/09/2023
Categoria: News - Autore: Sante De Santis

Il ritorno economico della prevenzione medica

Uno degli obiettivi delle moderne società avanzate è quello di promuovere il benessere e la salute dei cittadini. A tal fine, un’importanza fondamentale assume il concetto di prevenzione medica, con ciò intendendosi tutti quegli accorgimenti volti a impedire la comparsa di un male futuro o la diffusione e la progressione di malattie già presenti. Benché sia antico quanto l’uomo, il tema della prevenzione è emerso con forza solo a partire dal secolo scorso, quando alle conquiste politico-sociali si sono affiancate quelle tecnologiche e medico-scientifiche, ed oggi è particolarmente sentito anche all’interno delle aziende, che sono chiamate a tutelare la salute e la sicurezza dei dipendenti sia dal punto di vista normativo che etico.

Oltre ad impattare positivamente sulla salute dei lavoratori, la prevenzione sanitaria garantisce un notevole ritorno economico per le imprese, in quanto contribuisce ad aumentare la produttività e la soddisfazione dei dipendenti come pure a ridurre l’assenteismo (secondo stime recenti, le malattie derivanti dal mancato utilizzo di strumenti di prevenzione medica ogni anno in media causano 27,5 giorni di assenza per lavoratore nonché una perdita di PIL a livello mondiale del 4%).

Sebbene la prevenzione sanitaria preveda una vasta gamma di azioni e strumenti, un ruolo di prim’ordine è rivestito dai vaccini che, oltre a salvare vite umane, generano benefici economici considerevoli sia per lo Stato che per le aziende. In riferimento alla recente pandemia di Covid-19, negli Stati Uniti è stato calcolato che ogni dollaro investito in vaccini ha determinato un ritorno compreso tra i 13 e i 28 dollari, mentre vaccinazioni di più antica data, come quelle contro la poliomielite e il vaiolo, a livello globale hanno generato risparmi pari rispettivamente a 180 miliardi di dollari complessivi e 1,35 miliardi di dollari annuali. I vantaggi economici della prevenzione medica hanno trovato conferma in numerosi altri autorevoli studi, tra i quali spiccano quelli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), secondo cui i benefici per le imprese sono sei volte superiori ai costi sostenuti, e dell’International Social Security Association (ISSA) che, dopo aver condotto una ricerca su 300 aziende di 15 Paesi, è giunta alla conclusione che ogni euro investito nella prevenzione procura un ritorno economico di 2,2 euro.

Di contro, l’assenza di vaccinazioni, nonché di tutti gli altri strumenti di prevenzione medica, favorisce la diffusione di malattie che, al di là delle preoccupanti ricadute sanitarie, possono causare danni economici non indifferenti, come è emerso in modo eclatante non solo durante la prima fase della pandemia da Covid-19, quando si è assistito a un generalizzato aumento della disoccupazione e a una forte diminuzione del PIL, ma anche in relazione ad epidemie più circoscritte geograficamente come, per esempio, l’Ebola, che nel periodo compreso tra il 2014 e il 2016 ha causato nei Paesi dell’Africa occidentale (nello specifico: Guinea, Liberia, Sierra Leone, Nigeria, Mali, Senegal) più di 11.000 morti a fronte di circa 30.000 casi e una caduta complessiva del PIL del 36%, che sarebbe potuta essere di molto inferiore se solo si fossero adottate opportune pratiche di prevenzione.

Benché lacune e problematiche rispetto all’impiego di cure preventive possano riscontrarsi ovunque nel mondo, è indubbio che la situazione vari notevolmente da Paese a Paese e da Continente a Continente. Europa, Stati Uniti, Canada e Australia fanno infatti registrare più elevati livelli di investimenti in prevenzione medica e hanno quadri giuridici che, nonostante siano perfettibili, spronano le imprese a adottare tutte le misure necessarie a tutelare la salute di lavoratori. Tuttavia, non si può non considerare come molto spesso, anche in Occidente, quello della medicina preventiva sia uno dei settori più esposti al rischio di tagli governativi e che esistano marcate differenze in termini di investimenti persino tra le Nazioni cosiddette avanzate.

Secondo i dati pubblicati da Eurostat, per esempio, in Europa i Paesi che spendono di più in medicina preventiva sono: Svezia (165 euro per abitante), Finlandia (152 euro) e Germania (148 euro), mentre in coda alla classifica troviamo Slovacchia, Grecia, Cipro, Malta e Romania. L’Italia, con 112 euro per abitante, si piazza all’ottavo posto, che diventa il primo se si ragiona in termini di valori assoluti*.

Disparità in merito all’adozione di pratiche preventive sono rinvenibili nondimeno tra grandi e piccole aziende, con le prime che, solitamente, risultano più virtuose rispetto alle seconde (da una ricerca condotta negli Stati Uniti è emerso che solo il 4,6% delle piccole aziende dispone di piani di prevenzione sanitaria efficaci). Al fine di colmare questo divario, e così ottenere un sicuro ritorno economico e reputazionale, vi è quindi la necessità per le imprese inadempienti di adeguarsi il più rapidamente possibile agli standard richiesti di prevenzione medica, anche servendosi del supporto di strutture specializzate private capaci di offrire professionalità ed esperienza.


 

Fonti:

ec.europa.eu/eurostat/web/products-eurostat-news/-/ddn-20210118-1

Entrepreneur

Treccani

Forbes

Ansa

Rémy, Vanessa, et al. "The economic value of vaccination: why prevention is wealth." Journal of market access & health policy 3.1 (2015): 29284.

SicurWeb

The Balance

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