Rosolia

Rosolia

La rosolia è una malattia infettiva di origine virale che colpisce solamente l’uomo, causata dal Rubella virus. Insieme al morbillo, pertosse, parotite e varicella, è considerata una delle malattie più comuni dell’età infantile.

CAUSE

L’agente eziologico responsabile della malattia della rosolia è il Rubella virus, un virus a RNA a singola elica. Al microscopio elettronico appare con una forma sferica, con un diametro compreso tra 40 e 80 nm. Il genoma rappresentato da una molecola di RNA a polarità positiva e racchiuso in un capside icosaedrico.

Sulla superfice sono disposti due tipi di glicoproteine, E1 ed E2. La glicoproteina E1 funge da antigene virale che permette il riconoscimento del virus ed è responsabile dell’adesione alla cellula bersaglio. La glicoproteina E2 si occupa di garantire il corretto folding della E1.

Il virus della rosolia appartiene al complesso TORCH, un acronimo che indica un insieme di patogeni, particolarmente gravi se vengono contratti durante la gravidanza.

TRASMISSIONE

Il virus della rosolia si trasmette per via aerea, in particolare tramite droplet, le piccole goccioline respiratorie emesse dal malato, con gli starnuti, la tosse o anche parlando. La malattia è anche trasmissibile con il contatto diretto con le secrezioni nasofaringee.

Il periodo di contagiosità della malattia di solito è di 7 giorni prima a 7 gironi dopo la comparsa dell’esantema, ma il virus può essere presente anche fino a 14 giorni dopo l’esantema.

La malattia può essere trasmessa per via verticale, da madre infetta al prodotto del concepimento, ed i neonati possono diffondere il virus per diversi mesi e fino ad un anno dopo la nascita.


Rosolia in italia


DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA

La malattia della rosolia è presente in tutto il mondo. L’uomo rappresenta l’unico serbatoio del virus che contagia le persone per via aerea. Con l’introduzione della vaccinazione, l’incidenza della malattia ha subito un notevole calo. La regione delle Americhe è stata una delle prime zone al mondo ad eliminare il virus della rosolia nel 2009.

Nel 2018, secondo gli ultimi dati pubblicati dall’OMS, 42 dei 53 Stati della Ragione europea hanno raggiunto l’obiettivo di interrompere la catena di trasmissione del virus, per almeno 12 mesi. Negli altri paesi (tra cui l’Italia) la rosolia rimane ancora endemica.

Sono stati segnalati in totale 579 casi, nel 2018, il nostro paese conquista il terzo posto per numero di casi dopo la Polonia e la Germania.

L’incidenza della rosolia in Italia, tra gli 1971 al 1996, era piuttosto alta e ad andamento epidemico con picchi ogni 4-6 anni, quando venivano registrati da 30.000 a 60.000 casi all’anno. Questi dati hanno iniziato a diminuire a partire dalla fine degli anni 90, data in cui veniva introdotta la vaccinazione.

Nel 2013 è stata introdotta la sorveglianza sanitaria integrata per il morbillo e la rosolia. Sono stati segnalati, dal 2013 al 2019, al livello nazionale 252 casi di rosolia. con un picco nel 2017 (68 casi). I casi confermati in laboratorio invece sono del 50%.

SINTOMI

Dopo un periodo d’incubazione che varia da 12 a 23 giorni (mediamente è di 18 giorni), si manifestano i primi sintomi, che sono presenti nel 50% dei casi. Il decorso clinico della malattia può essere diviso in due categorie: la rosolia acquisita e la rosolia congenita.

La rosolia acquisita
Con il termine acquista s’intende che l’infezione avviene nel periodo postnatale. Generalmente ha un decorso benigno nei bambini e leggermente impegnativa negli adulti.

Nella fase iniziale, di breve durata (circa 24-36 ore), si ha la comparsa di febbre, mal di testa, dolori articolari, processo infiammatorio faringeo e gonfiore dei linfonodi posti ai lati delle orecchie e dietro la nuca.

Successivamente, compaiono al volto e alla nuca delle macchioline leggermente sollevate, dette maculopapulosi, di colore roseo o rosso pallido, tondeggianti, di circa 2-5 mm, che non hanno nessuna tendenza a confluire tra loro, elemento molto importante per la diagnosi differenziale con il morbillo. L’esantema si evolve in senso cranio-caudale e regredisce nel giro di 2-3 giorni. Un bagno o una doccia calda accentuano questa eruzione cutanea.

Si osserva, soprattutto nei bambini, un esantema petecchiale sul palato molle, dette chiazze di Forscheimer, è un segno caratteristico ma non patognomonico (che non consente, cioè, la diagnosi).

L’infezione da rosolia tende a guarire, nel giro di qualche giorno, dando luogo a una immunità permanente. Le complicanze da rosolia postnatale sono meno frequenti rispetto a quelle del morbillo ma non del tutto trascurabili.

Tuttavia, tra le complicanze della rosolia si riporta le artriti acute e artralgie temporanea che sono frequenti soprattutto in età adulta. L’azione del virus può compromettere il sistema immunitario provocando una trombocitopenia (diminuzione del numero delle piastrine) e l’encefalite, un po' meno frequente ma con esiti mortali.

La rosolia congenita
È una condizione che si verifica in seguito ad una infezione durante la gravidanza nelle donne non immuni. 

Nelle prime settimane di gestazione, l’infezione può determinare l’aumento del rischio di aborto spontaneo o di feti multipli e malformazioni cardiache, come stenosi polmonare periferica e difetto del setto ventricolare. Può causare, inoltre difetti oculari, come la cataratta, glaucoma, e retinite pigmentata, oltre ai danni neurologici come la microcefalia.

Successivamente, si può manifestare la sindrome espansa da rosolia congenita, caratterizzata da esantema cronica, epatite, polmonite interstiziale e altro. Le conseguenze della rosolia nel feto sono multiple e possono anche determinare ritardi mentale e disturbi di linguaggio.

I neonati con rosolia congenita possono eliminare il virus per diversi mesi e fino ad un anno. Nel 2018 (febbraio 2018), il nostro paese ha registrato un solo caso confermato di rosolia congenita. Un picco registrato nel 2008 con 30 casi confermati.

DIAGNOSI

La diagnosi della rosolia di basa principalmente sui sintomi clinici, ma può risultare complicata, in quanto può essere confusa con la mononucleosi o il morbillo, soprattutto se si tratta di forme lievi.

Per l’accertamento della diagnosi ci si basa sulle indagini di laboratorio, che ricercano principalmente la presenza delle immunoglobuline specifiche per la rosolia, presenti durante la fase iniziale della malattia.

Si può isolare il virus identificando il suo genoma tramite la tecnica della PCR retrotrascrizionale.

TRATTAMENTO

L’unico trattamento per la rosolia è di tipo sintomatico. Il riposo e una dieta adeguata costituiscono la base del trattamento.

Il medico può prescrivere farmaci in caso di artrite o antibiotici se sono presenti complicanze batteriche.

PREVENZIONE

L’eliminazione della rosolia rappresenta un obiettivo fondamentale dell’OMS e del nostro paese dal 2015, con il Piano nazionale per l’eliminazione del morbillo e la rosolia congenita.

La vaccinazione rappresenta l’unico metodo efficace per contrastare la diffusione di questo virus. Si tratta di un vaccino combinato con morbillo e parotite oppure anche con la varicella.

Secondo il calendario vaccinale, l’immunizzazione contro il morbillo, parotite, rosolia e varicella (MPRV), parte con il compimento del 12° mese di vita ed entro il 15° mese per la prima dose. Un ulteriore richiamo è previsto intorno ai 5-6 anni di età.

Per i soggetti non vaccinati e non immuni, possono comunque effettuare il vaccino con una distanza di 4 settimane tra le due dosi.

La vaccinazione è controindicata ad alcune persone, in quanto si tratta di un vaccino vivo attenuato, come le donne in gravidanza e gli immunocompromessi. Per questa ragione è fondamentale che le donne non immuni contro la rosolia si vaccinino, almeno un mese prima del concepimento per prevenire la rosolia congenita.

Bibliografia

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Rugarli C., Obiass M., Medicina interna Sistematica, Quinta Edizione. Masson 2015.

Moroni M., Spinello A., Vullo V. Manuale di Malattie Infettive. Edra LSWR, Masson, 2018.
 

Altre fonti: WHO


Le informazioni presentate hanno natura generale, sono pubblicate con scopo divulgativo per un pubblico generico e non sostituiscono il rapporto tra paziente e medico.
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