La sorveglianza sanitaria dei lavoratori: funzioni e scopi.

  • novembre 25, 2024

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La Sorveglianza Sanitaria in Medicina del Lavoro è stata definita negli anni ’80 come: la valutazione periodica medico-fisiologica dei lavoratori esposti, con l’obiettivo di proteggere la salute e prevenire le malattie correlate al lavoro”. Tale attività si esplica attraverso il Medico del Lavoro e si basa sull’accertamento clinico che risulta, però, essere solo l’atto finale di un procedimento ben più complesso, rappresentato sia dall’analisi di ogni singola fase del processo lavorativo che, dalla valutazione dei rischi per la salute, cui un lavoratore viene esposto, in virtù della particolare attività lavorativa svolta, meglio conosciuta, in gergo medico, come mansione lavorativa specifica.

L’obiettivo della Sorveglianza Sanitaria è, dunque, quello di prevenire le malattie professionali, ovvero quelle malattie correlate ad una specifica attività lavorativa e, da essa causate, tenendo anche ben presente che le suddette malattie professionali, atteso possano essere generate dal lavoro, risultano pur sempre malattie, come tutte quelle conosciute negli altri infiniti ambiti della medicina, non differenziandosene in alcun modo. Ne consegue che, ulteriori ed essenziali compiti del Medico del Lavoro siano quelli, in primis, di stabilire la reale esistenza di un “Nesso di causalità” tra l’esposizione a determinati agenti lesivi e, in secundis, il relativo sviluppo di una patologia, escludendo che essa possa avere cause differenti dalla sola attività lavorativa svolta. Per fare un esempio esplicativo di quanto sopra esposto, si può dire che l’Asma Bronchiale, patologia molto nota e diffusa nella popolazione generale, nulla ha di diverso dalla stessa malattia che può manifestarsi in un soggetto, a causa dell’esposizione ad agenti lesivi, con cui esso può venire a contatto in occasione del lavoro. Risulta, quindi, di estrema importanza capire l’origine di una malattia e soprattutto riuscire a rilevarne precocemente e, possibilmente in fase preclinica, cioè prima delle evidenti manifestazioni fisiche, le alterazioni dello stato di salute, il tutto al fine di evitare che la stessa possa provocare danni permanenti ed invalidanti nel lavoratore esposto.

Si può quindi affermare con certezza che La Sorveglianza Sanitaria, in Medicina del Lavoro, segue innanzitutto una metodologia prioritariamente finalizzata alla prevenzione, ragion per cui, a seconda della tipologia di visita medica da eseguire, preventiva, periodica, a richiesta del lavoratore, per cambio di mansione o preassuntiva, essa segue criteri differenti avendo scopi leggermente diversi.

Infatti, in fase preassuntiva, ma anche nel caso di cambio di mansione lavorativa, è orientata a verificare l’assenza di condizioni individuali per le quali il lavoro specifico potrebbe risultare nocivo per il lavoratore in esame, in tal caso, gli accertamenti sanitari mirano all’analisi dei principali organi ed apparati, con particolare riguardo per quelli che potrebbero essere oggetto di esposizione.  Ad esempio, nel caso di esposizione nota ad agenti potenzialmente lesivi per l’apparato respiratorio, bisogna valutare in modo esaustivo e prioritario la funzionalità e lo stato iniziale di tale apparato.

In fase di visita periodica, la Sorveglianza Sanitaria deve, invece, verificare il mantenimento dello stato di salute del lavoratore esposto, focalizzandosi sulla ricerca di eventuali e precoci alterazioni di un organo o di un apparato, connesse all’esposizione professionale. La periodicità dipende strettamente dalla valutazione dei rischi specifici e, solitamente, risulta annuale, qualora non diversamente indicata dalla normativa, o a cadenza differente ed individuata, in modo discrezionale, dal Medico Competente in base alle risultanze della visita e delle indagini eseguite.

Nel caso di visita medica a richiesta del lavoratore, la sorveglianza sanitaria ha come scopo il verificare la presenza o l’assenza di un nesso causale tra una malattia, sofferta dal lavoratore richiedente, e la specifica attività lavorativa da lui svolta. In termini Medico-legali, per causa s’intende quel fattore necessario e sufficiente alla produzione di un evento (rischio specifico presente in ambito lavorativo), che sia al contempo anteceden­te all’evento stesso (la manifestazione della malattia professionale). È evidente, però, che la causa, per essere tale, non può intervenire successivamente all’evento e che essa deve rappresentare il momento necessario senza il quale l’evento medesimo non potrebbe verificarsi. La causa deve inoltre possedere i requisiti della sufficienza, cioè da sola avere efficacia eziologica questo, in sintesi, vuol dire che, per poter parlare di malattia professionale, il Medico Competente deve avere la certezza che una determinata malattia possa essere stata generata dalla esposizione, in occasione del lavoro, ad agenti lesivi e che senza tale esposizione, con molta probabilità il lavoratore non si sarebbe ammalato. A tal proposito giova rappresentare  che, per quanto riguarda le malattie professionali, esistono delle tabelle di riferimento (entrato in vigore il 27 settembre 2014 il nuovo elenco delle malattie professionali soggette all'obbligo di denuncia/segnalazione da parte dei medici, ai sensi dell'art. 139 del Testo unico) in cui sono state raccolte ed associate, ad una particolare esposizione, tutte le malattie per le quali risulta probabile o possibile l’insorgenza a causa dell’attività lavorativa specifica. Per tali patologie sussiste già una presunzione legale di rapporto causa–effetto, ovvero del nesso di causalità, circa la loro origine lavorativa,  e  tale elenco è tassativo, a differenza delle “malattie non tabellate”, ovvero di tutte quelle malattie per le quali non è stato individuato un nesso di causalità con l’esposizione ad un determinato agente lesivo; in tal caso, non sussistendo la presunzione legale del rapporto di causa-effetto, l’onere della prova spetta al dipendente che ne faccia richiesta, ovvero spetta a lui dimostrare che la patologia sofferta sia stata causata dall’esposizione ad un determinato rischio, in occasione esclusivamente o prioritariamente dell’attività lavorativa svolta.

In questa ottica di prevenzione spetta al Medico del Lavoro la stesura di un Piano di Sorveglianza Sanitaria che è l’insieme degli esami e delle procedure mediche ritenute idonee a valutare lo stato di salute del lavoratore, in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati (D.Lgs 81/2008, art 25, comma 2). In esso vengono, quindi, elencati i tipi di accertamenti sanitari, a cui ogni lavoratore debba essere sottoposto a seconda della mansione lavorativa che è chiamato a svolgere e la periodicità degli stessi.

Tale protocollo deve essere redatto in modo specifico e puntuale per ogni singola Azienda, prevedendo in moltissimi casi anche l’individuazione e l’esecuzione di una copertura vaccinale che può risultare in alcuni casi obbligatoria, con particolare riferimento all’antitetanica ed in altri, invece, fortemente raccomandata a seconda dell’esposizione a rischi biologici/zoonotici, con riferimento, in questo caso, ai vaccini contro epatite B, A, antirabbica, e così via discorrendo. É a cura del Medico Competente sia la somministrazione degli opportuni vaccini, e degli eventuali richiami ove ritenuto necessario e/o raccomandato.

Da quanto stiamo vivendo in questo importantissimo periodo storico, che vede tutta la popolazione mondiale impegnata nella lotta contro il Virus SARS CoV-2, si può facilmente intuire l’importanza della prevenzione di tutte le malattie, con particolare riferimento a quelle gravi, invalidanti e per giunta potenzialmente mortali, ecco perché, nell’ambito della Sorveglianza Sanitaria in Medicina del Lavoro, riveste un ruolo essenziale la vaccinazione preventiva, nei confronti dei lavoratori esposti, almeno per tutte quelle patologie note, per le quali il vaccino rappresenta una fonte di protezione assolutamente da non trascurare ma da mettere in primo piano.

 

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